Un uomo che lavora con le mani è un operaio; un uomo che lavora con le mani e la testa è un artigiano; ma un uomo che lavora con mani, testa e cuore è un artista.
Louis Nizer
I protagonisti dei quadri di Vito Savino galleggiano placidamente a pelo d’acqua, fumano compiaciuti la pipa, occhieggiano da dietro un ventaglio, sono polpi chiusi in una sporta o gatti mollemente appoggiati su una valigia, donne-scimmie che si guardano allo specchio e piante lussureggianti cullate dalla luce del sole.
Il filo conduttore tematico di questa serie di opere è il viaggio: un tema che è particolarmente caro all’artista. Declinato come esplorazione esotica, come avventura fantastica, ma anche come viaggio obbligato dei migranti, trova nel dettaglio mani/valigia/piedi la sua prospettiva privilegiata. Di volta in volta, la valigia diventa la lanterna magica su cui scorre il racconto: un pescatore scivola sulla trasparenza dell’acqua e dell’aria, circondato da animali fantastici; mondi apparentemente distanti si mescolano in una voluta di fumo sullo sfondo di un paravento giapponese; una figura antropomorfa trascina la sua valigia-pianoforte in uno spazio senza fine in cui l’acqua richiama l’elemento primordiale della vita.
Ma Vito Savino non mischia tra loro solo i soggetti dei suoi quadri: anche nei titoli accosta in modo inusuale le parole, gioca con i significati e ne inventa di nuovi. Si aprono così ulteriori piani di lettura e si moltiplicano all’infinito le possibilità del racconto di queste sue particolarissime lanterne magiche.
Il disegno appare un ricamo finissimo, con tutti i punti pazientemente disposti in un’elegante successione di linee e di forme, un lavoro intricato e minuzioso che rivela nuovi, inattesi dettagli a ogni sguardo.
Il tratto a china dei pennini manga e gli sbuffi degli acquerelli, la luce che accarezza le forme con dolcezza danno leggerezza, grazia e spontaneità alle scene, ma i protagonisti dei disegni paiono occupare ciascuno un proprio posto nell’attenta geometria variabile dello spazio.
Lo stesso supporto materiale dei disegni, carta intelaiata su juta, limita la superficie del racconto e lo costringe nei contorni delle grandezze geometriche.
Come acrobati sospesi su fili invisibili, i personaggi dei quadri si puntellano con studiata casualità sulle linee di fuga, si arrotolano nel moto perpetuo di un’elica e giocano sulle linee di proiezioni speculari in un bilanciamento perfetto.
Vito Savino suddivide lo spazio e compone l’immagine pittorica ispirando i rapporti tra i diversi elementi del disegno alla sezione Aurea, la cosiddetta proporzione divina, sintesi di una relazione tra il tutto e la parte che si ripete all’infinito e si ritrova nelle forme armoniose della natura.
Ma a livelli sempre inattesi, l’artista riesce nella quadratura del cerchio (o nella cerchiatura del quadrato?): i suoi quadri, nel momento stesso in cui le stabiliscono, prescindono dalle regole, superano le costrizioni e scavalcano le misure.
Ars celare artem è uno dei cardini della tradizione della retorica − prima ancora che dell’arte figurativa − classica.
Caterina Pinto
Portfolio, Take a Trip